Storia

Il Canale Carlo Alberto

Già qualche  anno fa il sottoscritto pensando al tema per la mia tesi di Laurea magistrale mi incuriosì molto il Canale Carlo Alberto, che poi non trattai perché la documentazione presente all’Archivio di Stato di Alessandria non era inventariato e quindi di difficile consultazione e quindi decisi di non portare avanti. Accolgo quindi con immenso piacere il lavoro svolto da Arditi e Rapetti su una grande opera Carloalbertina voluta da Camillo Benso Conte di Cavour per irrigare la piana alessandrina. Vorrei qui di seguito approfondire la conoscenza su quest’opera idraulica. Il canale Carlo Alberto prese il posto del preesistente canale Betale, scavato nel XIV secolo e pressochè abbandonato dopo il XVIII secolo. Venne derivato dalle acque del fiume Bormida e fu costruito da una società di azionisti tra il 1833 ed il 1839, sotto il re Carlo Alberto da cui prese nome. Partiva da Cassine e sboccava nel Tanaro presso Casalbagliano attraversando sei comuni (Castelnuovo, Sezzadio, Gamalero, Frascaro, Borgoratto e Alessandria) ed aveva lo scopo di consentire sia l'irrigazione delle campagne sia l'azionamento di mulini ed opifici situati entro l'abitato della città di Alessandria. Nel corso del Novecento il canale, perdute ormai le sue antiche funzioni, venne colmato e ricoperto nelle zone interne alla città (venne deviato nel 1888 per costruire piazza Garibaldi, Corso Carlo MArx e spalto Gamondio) l’unica parte ancora visibile in territorio di Alessandria è a Cabanette e Cantalupo lungo la ex SS.30. ed oggi di esso rimangono inalterate il punto di presa”la Chiavica” in località Brata e il percorso da Cassine sino a Casalbagliano.

CANALE CARLO ALBERTO (ex "Betale")

 Il Canale per chi non lo sapesse passa in Cassine (chiavica, Cascinotto e Gavonata, molino Cervino, s.p. per Sezzadio ponte, Gamalero, Borgoratto strada per Carentino,  Castellazzo Bormida molino delle Zerbe, Cantalupo CAsalbagliano fino ad arrivare a Cabanette. LA documentazione archivistica sul canale è reperibile presso l’Archivio di Stato di Alessandria in via Giorgio Solero Il fondo Canale demaniale Carlo Alberto circa 1831-1982  , è stato versato dall'Ufficio tecnico erariale di Alessandria nel 1988. I documenti più antichi si trovano nel faldone Testimoniali contenente gli atti costitutivi e le patenti relativi alla società di azionisti che costruì il canale. La documentazione relativa al canale Carlo Alberto comprende serie, ricostruibili dalle etichette dorsali presenti su molti dei faldoni, relative ai seguenti argomenti: concessioni, lavori di manutenzione, innovazioni, lavori straordinari, gestione economica e tecnico-economica, perizie e progetti dei lavori, contabilità relativa a lavori, irrigazione, perizie (tutta suddivisa per esercizi finanziari), bollettini idrometrici ed osservazioni idrometriche, mulini e loro affitto, lotti di concessione e di zonizzazione, disegni e planimetrie, circolari e disposizioni, terreni espropriati, diga sul fiume Bormida, campagne irrigue, volture e sponde in concessione. Sino ad ora l’unica pubblicazione sul Canale era di  P. ANGIOLINI, Vecchia Alessandria: storia del Betale (canale Carlo Alberto), Tipografia Ferrari Occella & C., Alessandria, 1964. La pubblicazione che verrà presentata colmerà questa mancanza. R.Tr.

 


Maggiori informazioni https://laciocca.webnode.it/manifestazioni-feste/
 

L’arte di costruire nel Medioevo

Cantiere Medioevale: i segni dei lapicidi

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Per fissare la collocazione dei pezzi o per distinguere il proprio lavoro da quello degli altri, in questo caso ciascuno ha un suo segno di proprietà esclusiva, i lapicidi, fin dall'Antichità, pongono dei segni sulle pietre.
Tali segni possono essere semplici tacche o curiosi disegni, ma più frequentemente sono delle lettere, talvolta molto accurate, come le capitali romane usate nel cantiere di Wiligelmo a Modena, lettere destinate probabilmente a facilitare il corretto posizionamento dei conci di pietra. Questi segni dei lapicidi indicano, fra l'altro, la conoscenza dell'alfabeto e della scrittura almeno da parte di alcuni magistri.

I muri di alcune Cattedrali presentano anche altri segni, semplici tracciati, usati come riferimento per strumenti quali la squadra o il filo a piombo, oltre che per il corretto posizionamento dei blocchi.

Questo metodo, già in uso presso i Romani, viene usato anche nelle cave; infatti, quando un cantiere viene alimentato  contemporaneamente da più cave è importante, per la solidità dell'edificio, che ogni muro sia costruito con pietre provenienti dalla medesima cava, affinchè il naturale cedimento sia omogeneo.

Tra i segni dei lapicidi si distinguono: segni di identità, incisi dai tagliatori di pietra per distinguere il proprio lavoro (del quale l'autore si assume la responsabilità) da quello degli altri e segni di utilizzazione, che possono essere segni di posizionamento, di profondità o di altezza, di giunzione. Tali segni vengono usati dal tagliatore di pietra che, lavorando a cottimo, deve rendere conto del lavoro svolto, dai maestri tagliatori che firmano la produzione, ma anche dai maestri di cava e in quest'ultimo caso i marchi servono anche a
pubblicizzare il materiale e il cantiere di provenienza.

Cantiere Medioevale: la lavorazione del legno.

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La lavorazione del legno impiega numerose figure professionali, dai taglialegna, ai segatori, ai carpentieri, fino agli architetti.

Il legno viene tagliato durante l'inverno e lasciato all'aria aperta per qualche mese, in modo che l'acqua piovana ne renda più fluida la linfa. Poi i tronchi vengono stagionati in luoghi asciutti per diversi mesi per passare successivamente alla lavorazione. In caso di necessità, tuttavia, può essere impiegato anche il legno verde. Come è mostrato in molte immagini della Costruzione dell'Arca di Noè i grossi tronchi, impiegati come legname da costruzione, vengono prima scortecciati, poi tagliati con seghe, semplici o a telaio a due manici. Il legno viene poi smussato e rifinito con asce e piccole scuri, per eliminare i segmenti a sezione circolare ed ottenere sezioni più quadrate possibile, che ne rendano più facile l'assemblaggio. La trasformazione dei tronchi consente di ottenere pezzi di tutte le  forme e le misure, da utilizzare sia nella costruzione che per le macchine e gli attrezzi del cantiere.

Il posto riservato al lavoro del carpentiere è sempre compreso tra i settori stabili dei cantieri delle grandi costruzioni ed è, generalmente, collocato nelle vicinanze della costruzione in corso. Le cataste di legno, disponibili all'uso, vengono tenute, talvolta, nelle apposite baracche che sorgono sui cantieri al fine di poter disporre liberamente dei materiali sul posto di lavoro.

Nelle costruzioni il legno spesso rimane nascosto, dissimulato entro le volte e le coperture degli edifici; tuttavia i lavori di carpenteria necessitano di solito di grande abilità ed ingegno. Un consumo supplementare di legname si rende necessario inoltre per l'esigenza di risparmiare il ferro, materiale prezioso e raro.

A causa della scarsità di travi di notevole lunghezza, i costruttori gotici cercano nuove soluzioni per utilizzare legname di piccolo taglio; inoltre i carpentieri cercano di congiungere i vari elementi con caviglie o semplicemente con corde, evitando perni e bulloni o fasce in ferro. Le corde sono costituite da una resina estratta dal tiglio oppure da rami flessibili di salice o quercia. Vengono fatte legature ben strette, inserendo alcuni cunei in legno, tendendo al massimo le corde per rendere la struttura più stabile e sicura.

Laterizi ornamentali del Medioevo

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Un caso a sé, ma che dimostra la continuità della produzione laterizia nel Medioevo, è costituito dalla produzione di laterizi ornamentali. L'analisi della limitata produzione decorativa altomedievale può dare alcune  indicazioni sul processo tecnologico della loro realizzazione.
Tra VIII e XIII secolo, infatti, sono largamente attestati mattoni scolpiti una volta cotti. I rilievi decorativi vengono scolpiti con gli strumenti degli scultori. 
L'intaglio dei rilievi avviene in cantiere, sulla struttura già murata. Durante tutto il Medioevo la terracotta viene utilizzata in questa forma; tipica è la produzione sorta nella Valle Padana durante l'XI secolo, che si diffonde particolarmente nel XIV secolo.

Nei cantieri edili delle città padane, inscindibilmente legati all'uso del cotto, esistono squadre di muratori specializzati nel tagliare, squadrare, limare i mattoni per ricavarne elementi architettonici, quali archi, spigoli ecc.
La tecnica di graffire e scolpire a crudo sui laterzi essiccati (in base a precisi disegni preparatori) è usata soprattutto nella produzione di mattoni destinati agli archi, dove l'andamento del motivo decorativo veniva stabilito sui pezzi accostati a terra, attraverso linee guida segnate precedentemente col compasso.

Successivamente i laterizi devono essere infornati tutti insieme per garantire uniformità di cottura, quindi di ritiro e permettere la precisione millimetrica nella posa in opera.
Questo processo evidenzia la tecnica molto evoluta dei fornaciai del tempo.

 

Le decorazioni architettoniche in terracotta erano eseguite invece modellando l'argilla cruda con la tecnica dello stampo entro forme negative; esse compaiono nel corso del Trecento, un po' in tutta Italia.

L'evoluzione delle tecniche di preparazione delle terrecotte ornamentali a stampo, la cronologia del fenomeno e le modalità del pieno recupero della tecnica romana, sono ancora materia di discussione tra gli studiosi. 

 

Talvolta tecniche di esecuzione diverse possono coesistere anche nello stesso edificio e, in alcuni casi, le decorazioni a stampo potevano essere ulteriormente rifinite a crudo o a cultura ultimata. Inoltre, spesso, le decorazioni architettoniche, erano colorate.

Materiali impiegati nel cantiere Medioevale: la pietra

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Nell' Altomedioevo la pietra è considerata un materiale nobile e come tale impiegato soltanto per le costruzioni più prestigiose; solo a partire dall'XI secolo alle costruzioni in legno si affiancano quelle in pietra.

 

Questo si verifica in particolare per le chiese, per i ponti, ma anche per le case, e costituisce un grande impulso per l'attività costruttiva: avere una casa in pietra diventa segno di ricchezza e di potenza.

 

La pietra è uno dei materiali più utilizzati anche nella costruzione dei castelli: in Italia si passa alla fortificazione in muratura tra il X e l'XI secolo, prima che in altre regioni europee come la Francia.

 

Naturalmente un maggiore o minore uso della pietra dipende anche dalla facilità di reperimento di questo materiale. Nella maggior parte dei casi viene infatti usata pietra reperibile in loco o nelle località più

vicine. I fossati intorno ad un castello o il monte stesso sul quale lo si costruisce possono venire usati per l'estrazione del materiale da costruzione. Talvolta la grandezza stessa dei conci impiegati è determinata

dalla sfaldatura naturale della roccia, che viene regolarizzata solo con qualche colpo di martello.

 

L'attività estrattiva dei grandi impianti romani, arrestatasi con il declino dell'Impero d'Occidente, riprende a partire dall'XI secolo; in alcune zone l'estrazione della pietra diviene un importante settore dell'industria

edile locale. Il costo del trasporto è però tale che la domanda dipende soprattutto dall'accessibilità a cave presenti in zona. Solo per gli edifici più prestigiosi, come le cattedrali, i committenti si procurano la pietra

grezza anche in cave lontane.

 

In Italia si fa largo uso anche del marmo: dopo il Mille il suo impiego aumenta sia nella scultura sia nelle opere architettoniche.
In questo periodo se ne conoscono le caratteristiche naturali, che vengono sfruttate

per scegliere la materia prima, estrarla, trasportarla e lavorarla. I cavatori medievali sfruttano infatti le irregolarità della roccia, i cosiddetti peli, che, formando piani di discontinuità nella massa rocciosa, ne facilitano il taglio: l'abilità del cavatore consiste nel riconoscere e utilizzare i diversi peli, per liberare blocchiprivi di difetti. Nonostante i metodi di estrazione medievali siano in genere chiaramente distinguibili da quelli antichi, è stata ormai dimostrata una notevole continuità delle tecniche estrattive e di quelle di

lavorazione del materiale rispetto all'Antichità.

 

Per le grandi cattedrali il prestigio civico impone l'uso del marmo anche a costo di gravi sacrifici economici.

Le campane scacciano i demoni

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Per il resto, si suonano le campane durante le processioni, affinché i demoni, che temono il loro suono, fuggano. Essi infatti sono colti dallo spavento sentendo le trombe della Chiesa militante, ossia le campane,

come ogni tiranno trema quando sente nel suo reame le trombe di qualche potente re, suo particolare nemico.

 

Nel Manuale per comprendere il significato simbolico delle cattedrali e delle chiese, scritto da Guillaume Durand de Mende troviamo: Del silenzio delle campane. È ancora per questo che la Chiesa vedendo alzarsi il temporale, suona le campane affinché i demoni, ascoltando le trombe del re eterno, ossia le campane, fuggano spaventati e non facciano scoppiare la tempesta, ma anche perché i fedeli, col suono della campana, siano avvertiti del pericolo che li minaccia e invitati ad applicarsi assiduamente alla preghiera.

Le campane rimangono silenziose nei tre giorni precedenti la Pasqua. Anche nel periodo dell'Interdizione, le campane tacciono, perché spesso, a causa del peccato di coloro di cui essi hanno il carico, la lingua dei predicatori si gela nella loro bocca, secondo queste parole del profeta:

 

Attaccherò la tua lingua al tuo palato, perché la casa, cioè il popolo, è fuori di lui, ossia disobbediente.

Acqui Santo Spirito

L'Istituto "Santo Spirito" di Acqui Terme opera sul territorio fin dal 1882 quando tre giovani donne appartenenti a influenti famiglie della città, sotto la direzione di Mons. Raimondo Olivieri, danno inizio alla scuola di lavoro e all'oratorio festivo per ragazze. 
Ad esse si aggiungono ben presto altre giovani e nel 1889 nasce la Congregazione delle Orsoline dello Spirito Santo che ha lo scopo di educare ed istruire bambine e ragazze. In seguito viene aperta la scuola elementare privata.
Nel 1912 la Congregazione delle Orsoline si unisce all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice nato nella vicina Mornese e fondato da S. Giovani Bosco e da S. Maria Mazzarello.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice, come già le Orsoline, sanno adeguare le loro opere alle esigenze del territorio dando impulso alle attività educative, didattiche e professionali proprie della tradizione salesiana:
1913     - Convitto per studenti
             - Asilo infantile
             - Oratorio festivo
             - Scuola elementare privata
             - Scuola di canto
             - Lezioni di musica e di lingue straniere (francese e tedesco)
1914      Opera dei Catechismi Parrocchiali
1920      Laboratorio serale gratuito con lezioni di cucito, maglieria, confezioni, pittura, ricamo, ceramica, religione
1924      Scuola di religione per alunne del Ginnasio e delle Complementari
1926      Scuola di cultura per allieve interne ed esterne con un programma professionale e culturale simile a quello dell'Avviainento professionale.
1927      Ottiene regolare licenza il pensionato per signore e signorine bisognose di cure termali
1932      Viene chiusa la scuola di lavoro serale e di religione, perchè già l'Azione Cattolica, in larga parte, svolge un programma di formazione religiosa. Si apre il vicino Asilo Infantile Comunale "MOISO" che viene affidato alle Figlie di Maria Ausiliatrice.
1935      Su richiesta delle autorità del tempo sorge la Scuola di Lavori Femminili unita al Consorzio Provinciale per l'istruzione Tecnica. Viene chiusa nel 1945
1939      Apertura, con valore legale, della Scuola di Avviamento Professionale a indirizzo industriale
1940      Apertura della Scuola di stenodattilografia e contabilità, associata alla scuola "Meschini" di Alessandria
1941      La scuola di Avviamento Professionale viene associata all' E.N.I.M.S e legalmente riconosciuto (08/07/1941)
1943      Autorizzazione per tutte le classi elementari (18/11/1943)
1945      Scuola professionale gratuita, serale, per operaie, commesse, sarte e impiegate, della durata di 6 mesi, voluta dal Vescovo e da una Commissione di Industriali
1954      Si istituisce un corso di cultura religiosa per adulti, soppresso nel 1961 perchè‚ sostituito da lezioni simili a livello diocesano
1961      Il Consorzio Provinciale di Alessandria affida all'Istituto "Santo Spirito" i corsi per le apprendiste sarte con quattro ore settimanali, secondo un programma ben definito con elementi di cultura, matematica, contabilità pratica, della durata di 6 mesi. Esame finale. Soppresso nel 1970.
1961-1974 Corso di ceramica
1963      Corso di Catechesi per la preparazione delle catechiste parrocchiali. Si chiude nel 1966.
1965      Si passa dall'Avviamento Professionale alla Scuola Media
1970      Nasce l'associazione P.G.S. (Polisportive Giovanili Salesiane) "Sagitta"
1974     Apertura della Scuola Magistrale. Si chiude nell'anno scolastico 1986/87
1982      Si apre il Centro Estivo per ragazzi
1986      Nasce l'associazione T.G.S. (Turismo Giovanile Sociale) "Spring"
1988      Sorge il Centro Giovanile:
             - Si crea l'associazione di volontari "Ragazzi 2000" per il doposcuola quotidiano aperto ai ragazzi dei ceti meno abbienti della città.
               (L'Associazione si Š trasferita poi in altra sede nel 1996)
             - Continua l'attività oratoriana al sabato
1993      La Comunità del Moiso entra a far parte della comunità "Santo Spirito"
1994      Nasce l'orchestra d'archi "MUSICAINSIEME", attività scolastica per la scuola elementare e media, organizzata dal Maestro G.F. Leone
1997      Si dà l'avvio al Pensionato per universitarie
1999      Parifica della Scuola Elementare (27 ottobre 1999)
2001-2002 Parità della Scuola Elementare e Media
A seguito della parziale demolizione dell’edificio adiacente all’Istituto S. Spirito di Acqui Terme, di proprietà della Congregazione Religiosa “Figlie di Maria Ausiliatrice”, si è resa visibile la facciata laterale della Chiesa S. Spirito, che ha colpito tutti gli acquesi per la sua bellezza. l’interesse storico-artistico per la Chiesa (edificata nel 1909) sia molto minore rispetto all’importanza della zona di Piazza Maggiorino Ferraris, con il Parco Archeologico e i suoi reperti. Ci rendiamo conto che la cittadinanza possa essere maggiormente affascinata dalla chiesa piuttosto che dai ritrovamenti ma, un’Amministrazione degna di questo nome dovrebbe farsi carico di spiegare ai cittadini che il recupero di un’area con reperti vecchi di diverse centinaia di anni è certamente più importante che il restauro di una Chiesa con poco più di un secolo di vita. Sarebbe fondamentale la creazioni di un percorso cittadino riguardante tutti i reperti archeologici di epoca romana e cioè: area archeologica di corso Roma di via Cassino, la piscina romana sotto Palazzo Valbusa, gli archi romani, il teatro romano pressi di via Scatialzzi e i recenti del ex Palaorto di piazza Maggiorino Ferraris.

Principali vicende del complesso.

  1. 1882 - Viene eretto il primo fabbricato per ospitare in una periferica - allora - area di sviluppo urbano (corso Cavour e via Marconi) prossima alla demolita chiesa della Trinità, la nuova istituzione l’Istituto Santo Spirito.
  2. 1904 - Posa della prima pietra della nuova chiesa, progettata dall’architetto bolognese Francesco Gualandi che in collaborazione con il figlio Giuseppe realizzò numerose edifici sacri nella diocesi di Acqui tra cui la parrocchiale di San Giovanni Battista a Fontanile, la chiesa della Beata Vergine Immacolata a Sezzadio, il santuario di Nostra Signora delle Grazie  (i Caffi) a Cassinasco, la cappella del Seminario Maggiore.
  3. 1908 - La chiesa viene consacrata il 14 maggio.

Perché non creare un percorso romano ad Acqui Terme   Il quadro storico.
La città moderna di Acqui Terme si colloca nel sito dell'antica Aquae Statiellae, uno dei centri nati in Italia Settentrionale nella prima metà del II sec. a.C. dopo la distruzionedella capitale degli Statielli, Carystum.
Non esistono tracce archeologiche di frequentazioni in età protostorica; tuttavia la presenza, già in età preromana, di un insediamento in questa particolare collocazione è plausibile ed è riconducibile alla presenza delle ricche sorgenti termali: già note dagli autori latini, esse hanno da sempre costituito l'elemento peculiare della città.
Ancora oggi il paesaggio cittadino è caratterizzato dalle rovine del grandioso acquedotto romano che consentiva di mescolare l'acqua bollente rendendola utilizzabile per varie attività curative e artigianali.
La riscoperta di tracce consistenti e preziose riconducibili all'antica città romana si può far risalire al sec. XVI, ma soltanto nel 1970 fu allestita una prima esposizione di reperti nel Castello dei Paleologi allo scopo di accogliere il patrimonio archeologico che veniva alla luce in seguito agli interventi edilizi pubblici e privati nell'ambito urbano e sul territorio.
Il museo è stato ora completamente rinnovato nei criteri espositivi per iniziativa del Comune di Acqui Terme con contributi della Regione Piemonte, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica del Piemonte.
Il museo costituisce un primo lotto del progetto complessivo di recupero del castello: questo primo settore, ad eccezione della preistoria, è interamente dedicato alla città, mentre il successivo ampliamento approfondirà i temi legati al popolamento del territorio.

Dal Paleolitico all'Età del Bronzo.
La prima sala è dedicata alla preistoria dal periodo paleolitico (120.000 anni fa), al neolitico attestato soprattutto dai manufatti in pietra verde levigata, alla età del Bronzo per cui si segnalano i reperti dal ripostiglio del Sassello.

L'Età del Ferro.
Nella seconda sala sono esposti i materiali che illustrano l'età del Ferro e soprattutto il momento di passaggio tra gli abitati dei Liguri Statielli e la formazione della città romana.

Le necropoli lungo la via Aemilia Scauri, dall'età augustea al Tardoantico.
Nella terza sala sono esposti i corredi delle necropoli urbane disposte lungo il tracciato dell'antica via Aemilia Scauri. L'aspetto monumentale delle necropoli urbane è documentato dalle stele e lapidi funerarie che fungevano da segnacolo tombale e che sono state riportate all'aspetto originario dagli interventi di restauro.

L'abitato di Aquae Statiellae.
Alla piazza della Bollente, sin dall'antichità centro dell'impianto urbano, è dedicata la sala principale: in essa è collocata la ricostruzione della grande fontana romana in marmo grigio pertinente all'impianto termale romano, di cui si conserva in loco la dedica musiva dei magistrati responsabili della costruzione. Dagli scavi di edifici pubblici e privati provengono ricchi materiali architettonici in marmo e terracotta, frammenti di sculture, arredi domestici marmorei ed un frammento di mosaico con iscrizione. Si segnalano inoltre le ricche tombe di via Alessandria con strigili in bronzo argentato lavorati a bulino con la raffigurazione di opliti, recipienti vitrei di vari tipi tra i quali spicca un rhyton la cui funzione riporta direttamente all'ambiente termale.

In allegato una presentazione più approfondita del periodo romano.



Culti e attività economiche.
La sala successiva presenta gli aspetti della vita commerciale e produttiva della città antica: una selezione delle centinaia di anfore, rinvenute nella bonifica antica di via Gramsci, testimonia l'intensità dei traffici commerciali, tramite il porto di Savona, che interessarono Aquae Statiellae. Alle importazioni di materiale dalla Spagna si affianca la produzione locale di oggetti di immediata necessità: dalla fornace suburbana di via Cassino proviene un consistente nucleo di materiali ceramici di uso comune: pentole, tegami, coppe e brocche prodotti in serie e sicuramente destinati ad un commercio locale. Altri oggetti come le matrici per la produzione di lucerne informano di una produzione più specializzata che doveva avvenire anch'essa in loco.

Medioevo.
Il passaggio tra il tardoantico e il medioevo è documentato da ricchi corredi funerari tra cui si segnala in prezioso bicchiere in vetro proveniente dalla zona renana. Dai recenti scavi di piazza Conciliazione sono stati selezionati materiali che attestano la continuità insediativa dell'abitato che pur conosce in questi secoli una contrazione; dai dintorni del centro urbano provengono invece corredi funebri che attestano la presenza di Longobardi.

In allegato una presentazione più approfondita del periodo medioevale.

La fontana bollente nel Rinascimento.
La continuità dell'abitato intorno alla sorgente di acqua termale è rappresentato infine dai materiali ceramici del XVI secolo rinvenuti negli scavi eseguiti in Piazza della Bollente.

Storia degli scavi.
Le prime attestazioni conosciute di un interesse “scientifico” per le antichità della città si devono a due medici eruditi - Antonio Guainerio e Vincenzo Malacarne - che, venuti ad Acqui in periodi storici assai lontani fra loro, rispettivamente nella prima metà del XV e nella seconda metà del XVIII secolo, con lo scopo specifico di studiare le proprietà medicamentose delle locali acque termali, rimasero molto colpiti dalla monumentalità dei resti archeologici che ancora si ergevano nell'abitato e dalla ricchezza delle scoperte che, con una certa frequenza, si effettuavano nel sottosuolo della città, tanto da farne oggetto dei loro studi eruditi e da lasciarne memoria scritta nelle loro opere - insieme, peraltro, alla sconsolata constatazione dell'assoluta indifferenza manifestata dagli Acquesi per le testimonianze del proprio passato. Al 1728 si data la notizia di importanti scoperte archeologiche effettuate nell'abitato: in quell'anno, infatti, in occasione degli scavi condotti per deviare dal centro della città il corso del torrente Medrio, venne alla luce, per usare l'espressione presente nelle fonti del tempo, una “prodigiosa quantità di rottami”: rottami di natura, purtroppo, non meglio specificata.
I principali ritrovamenti archeologici, di cui ci rimane qualche informazione più circostanziata, vennero effettuati però nel corso del XIX secolo e furono occasionati, come spesso avviene in questi casi, da importanti lavori pubblici. Essi riguardarono, soprattutto, contesti funerari, sia perchè si effettuarono in aree esterne rispetto al perimetro della città romana sia perchè i rinvenimenti tombali hanno, da sempre, attirato maggiormente l'attenzione e la curiosità degli scopritori - il che li ha, spesso, preservati dalla distruzione - per la loro stessa natura e la ricchezza di alcuni dei materiali portati alla luce. Si ricordano, quindi, le numerose tombe rinvenute, in due riprese, nell'area orientale della città (lungo quello che era, in età romana, il tracciato della Via Aemilia Scauri, riportata alla luce, per ampi tratti, proprio in queste circostanze): nel 1881, in occasione degli sbancamenti per la costruzione del nuovo ospedale e nel 1896, durante i lavori per la linea ferroviaria Acqui-Ovada-Genova. Ritrovamenti archeologici significativi, ma del tutto privi, per noi, di notizie circa il contesto di provenienza - comunque sempre sepolcrale - furono quelli effettuati, nel 1813, dal conte Probo Blesi nei terreni di sua proprietà situati in località San Lazzaro, confluiti in seguito - insieme agli altri reperti della ricca collezione di famiglia - nella raccolta del notaio Ernesto Giuseppe Maggiora Vergano di Asti e andati, infine, dispersi dopo che il Comune di Asti rifiutò l'acquisto della collezione. Sorte pressochè identica toccò anche alla raccolta messa assieme durante molti anni di ricerche dal marchese Vittorio Scati, benemerito degli studi storico-archeologici acquesi - e comprendente, in larga misura, proprio i materiali rinvenuti negli scavi delle tombe sopra ricordate - solo in piccola parte giunti, dopo la morte del proprietario, al Museo di Antichità di Torino.La scoperta più significativa compiuta nel XIX secolo, però, è quella della fontana romana e delle annesse strutture portate alla luce nel 1898 nell'attuale Piazza della Bollente, durante lo scavo di una lunga trincea per la realizzazione di un condotto fognario: l'eccezionalità della scoperta permise di effettuare un'indagine abbastanza approfondita nonchè di realizzare dei rilievi grafici che ci permettono, oggi, di avere un'idea meno vaga del complesso e di avanzare ipotesi fondate circa la sua ricostruzione (anche grazie ad ulteriori interventi di ricerca nell'area realizzati nel 1987-88).
Nel corso del Novecento i rinvenimenti si sono, come già accennato, moltiplicati, a causa dei numerosi e pesanti interventi di scavo compiuti in molti settori del centro urbano, ma, purtroppo, non sono mancate perdite e distruzioni, anche molto gravi: si ricordano, fra gli altri, il grave stato di abbandono e degrado in cui la piscina romana rinvenuta in Corso Bagni nel 1913 rimase per parecchi anni dopo la sua scoperta, la dispersione completa dei corredi tombali ritrovati in Via Mariscotti negli anni '30, le precarie condizioni in cui furono recuperati - spesso senza alcuna documentazione scientifica - i materiali archeologici venuti in luce durante la fase d'intensa attività edilizia degli anni '60 e '70 e, soprattutto, la completa distruzione delle strutture architettoniche riferibili all'anfiteatro romano rinvenute nel 1966, sempre in occasione di lavori edilizi, nella zona tra Via Monteverde, Corso Bagni e Via Ghione. Fortunatamente, accanto a questi episodi, si possono però anche ricordare gli importanti ritrovamenti che ci permettono di avere oggi un quadro più generale, seppur ancora molto incompleto, dell'abitato antico: ricordiamo gli ampi settori esplorati della necropoli romana che occupava la fascia sud-orientale della città, le strutture pertinenti a edifici privati romani trovate in Corso Roma, Via Carducci, Via Gramsci e Via Cassino, il grande edificio di Via Galeazzo-Corso Cavour, il complesso di strutture scavate in Piazza Conciliazione e, scoperta recentissima e di grande rilievo, il teatro romano situato sul colle affacciato su Piazza della Bollente.

Info:
Castello dei Paleologi, via Morelli, 2 - Acqui Terme (Al)
https://www.acquimusei.it/archeo/pagine/pagine_ita/scavi/index.html

Bibliografia: Emanuela Zanda, Museo Archeologico di Acqui Terme. La Città; LineLab Edizioni, Alessandria 2002, pag. 80.

tenuto conto della vasta area dell'ex Palaorto dov'e' venuto alla luce un vero e proprio villaggio di epoca romana, che diventera' museo archeologico all'aperto. Un sito di fornace di ceramica in via Cassino. Il teatro romani di via Scatilazzi.